Continua il nostro viaggio nel mondo delle carni. Oggi voglio svelarvi un segreto, sconosciuto fin troppo spesso, agli stessi operatori del settore. Dire Fassona vuol dire parlare di razza Piemontese?
La risposta è categorica: Assolutamente no.
Vediamo perché .
Con il termine fassona si identifica un bovino che possiede masse muscolari ipertrofiche, cioè notevolmente sviluppate.
Ciò è dovuto dalla mutazione naturale nel gene della miostatina, che provoca la così chiamata ipertrofia muscolare, principalmente visibile sulla groppa, sulla coscia e sulla natica dell’animale. Una fascia o più fasce muscolari appunto particolarmente evidenti.
Questo termine può essere attribuito a diverse razze e non solo quindi alla Piemontese.
Sta di fatto, come vedremo più avanti, che l’etimologia di questo termine nasce proprio in Piemonte e fortemente indotto dalla vicinanza con i cugini francesi.
Quindi nel gergo comune, parlare di fassona vuol dire quasi sempre parlare di razza Piemontese. Da qui la costante confusione.
Come nella vita degli umani, anche nei bovini, le signore sono migliori dei maschietti. La qualità di carne delle femmine è nettamente superiore, più morbida più succosa, mentre le caratteristiche muscolari della Fassona nella razza piemontese, sono certamente più visibili nel maschio, anche per le sue dimensioni importanti.
Infatti quasi il 90% dei “fassoni” di Razza Piemontese rispecchiano i canoni, contro il 15% delle “fassone”.
L’etimologia del nome “Fassona” in realtà però a poco a che vedere con le fasce muscolari. Attribuzione più moderna e che riscontra anche una certa logica. La sua etimologia deriva Bensì da una traduzione maccheronica dei commercianti di carne, negli scambi nei mercati di bestiame con i francesi, infatti un’espressione usata dai commercianti francesi i quali commentavano i vitelli migliori dicendo che erano “de bonne façon”.
L’espressione, di inappuntabile sintassi transalpina, tradotta in italiano significa “di buona fattura”. Forte della sua orecchiabilità ispirò negli allevatori piemontesi la metonimìa che portò a bollare come “fasson” il meglio della loro produzione.
Parliamo quindi della razza Piemontese.
Come tutti i bovini autoctoni con mantello bianco è una razza antichissima. La Piemontese non è nata, a differenza di alcune altre, da manipolazioni sul patrimonio genetico e la sua origine va ricercata addirittura nell’era quaternaria.
La storia più interessante della piemontese inizia nel 1886. In quell’anno, in un piccolo comune in provincia di Cuneo, nasce per la prima volta da un mutamento spontaneo un toro con enormi natiche e cosce muscolosissime. Detto «groppa di cavallo» o «groppa doppia», è proprio lui il capostipite dei nostri «vitelli della coscia». Una svolta storica: razza da carne, da latte (in particolare in montagna) e da lavoro, da quel momento la piemontese inaugura la sua futura carriera di produttrice di carne.
All’inizio del Novecento i capi sono 680 mila; nel 1973 la piemontese è la terza fra le razze italiane e la prima di quelle autoctone e, ancora nel 1985, conta oltre 600 mila capi. Ma dieci anni sono più che sufficienti a dimezzarli a poco meno di 300mila capi.
La caratteristica principale della Piemontese è l’elevata resa al macello che può superare anche il 70%. La sua peculiarità è una carne magra, povera di tendini e di grasso, sapida e gustosa. La fine ossatura consente, inoltre, un maggior numero di tagli pregiati rispetto ad altre razze di mole superiore. La carne di Piemontese è eccezionale, una delle migliori in Italia, unica, con il giusto tenore di grasso intramuscolare (quasi invisibile) che la rende magra, ma particolarmente gustosa, con un tasso di colesterolo estremamente basso.
La quasi totale assenza di grasso, che portano percentuali di colesterolo sotto 1%, la caratterizza anche visivamente, tant’è che le hanno donato il soprannome di “oro rosso”.
Un tipo di carne davvero per tutti, dai bambini agli sportivi. Ricca di proteine è in assoluto l’esempio della “carne della salute”.
In Piemonte viene utilizzata tantissimo per una specialità che è la così detta “battuta”. Una tartare di carne da condire con olio di alta qualità e pepe nero macinato fresco. Una vera delizia che nel centro sud italia non rientra ancora nei consumi italiani, ma che man mano sta diventando di moda proprio nella ristorazione di alta qualità .