Esclusivo, chic, solo per pochi intenditori, di cosa vogliamo parlare oggi? Della carne di bovino più ricercata e richiesta al mondo: Il Wagyu giapponese.
Wagyu è una parola composta formata da due ideogrammi giapponesi: “WA” (和), che significa Giappone, e “GYU” (牛), che vuol dire manzo. Il suo significato finale è quindi “manzo giapponese”. Questo termine viene usato per indicare determinate razze di manzo giapponese che, grazie a degli incroci effettuati nei secoli e a dei metodi di allevamento specifici e molto particolari, vantano una carne ricca di grasso intramuscolare (le venature del grasso nella carne danno vita alla cosiddetta marezzatura) molto aromatico, dolce e, difficile da credere, salutare…
In Giappone, il consumo della carne è stato legalizzato solo a partire dal 1871, con la restaurazione Meiji.
Quando parliamo di cucinare carne di Wagyu, bisogna avvicinarcisi con una predisposizione che potremmo definire persino spirituale, meditativa, quasi fosse l’apice di una cerimonia rituale volta alla celebrazione del gusto nella sua forma più pura ed essenziale.
Se cucinate una bistecca di wagyu giapponese, appena iniziate a sentire il suo tipico profumo dolce (cocco, nocciola) giratela immediatamente e terminate la cottura sull’altro lato. La carne di Wagyu contiene grasso anche nella parte rossa e la temperatura di fusione del grasso è molto bassa, quindi il calore passa velocemente al cuore della fetta di carne.
Insomma va appena scottato!
Se decidente di cimentarvi con una preparazione tipica giapponese come lo Shabu Shabu, invece, considerando sempre la bassa temperatura di fusione del grasso di wagyu rispetto ad altre razze bovine, non fate bollire troppo il brodo e tenete le fettine di carne al suo interno solo per alcuni secondi. Se lo terrete per troppo tempo e la temperatura del brodo è troppo alta, il grasso sciogliendosi uscirà e perderete il sapore unico di questa preziosissima carne.
Il grasso, invece, è una parte molto importante del wagyu e non va MAI buttato via. Se avanzato, infatti, può essere utilizzato come se fosse burro o lardo di alta qualità.
Ma passiamo adesso all’allenamento e al perché questa carne costa così tanto.
Non è certo solo il sapore ricco e totalmente unico che ha a renderla cara, ma sopratutto l’altissimo costo di allevamento che comporta.
Ci sono diversi modi per ottenere una carne di Wagyu riconosciuta.
Il Giappone si sa è uno stato piccolo, e quindi la quantità di allevamento presente sul territorio giapponese è molto molto concentrata. Tra le razze di Wagyu più autoctone c’è certamente la Hida.
Il Wagyu giapponese è un bovino sottoposto a rigorose tecniche di allevamento. È un manzo “rurale” perché diversamente da qualunque altro capo di bestiame allevato in Giappone, passa i primi mesi allo stato brado, immerso nella natura incontaminata del Water Kingdom, il Regno dell’Acquacome molti definiscono le Alpi della Prefettura di Gifu, tra gli alti pascoli e le foreste che circondano la cittadina di Hida. È alimentato esclusivamente con l’erba fresca che cresce spontanea su questi prati e si abbevera all’acqua dei suoi ruscelli trasparenti e incontaminati. Anche in seguito, quando dal pascolo passerà in stalla per la fase finale di ingrassamento – che da protocollo deve durare non meno di 14 mesi – continuerà a cibarsi solo di fieno di riso e mangimi vegetali autoctoni. Comprenderete la lentezza e il costo imprenditoriale che ne deriva da un allevamento così esclusivo.
È questa particolarissima ed esclusiva alimentazione che conferisce alle sue carni quel gusto, quell’aroma, e quella consistenza che non potrete riscontrare in nessun altro taglio di carne al mondo.
La sua caratteristica principale – evidente anche alla vista su tagli ancora crudi – è il marbling: la marezzatura di grasso che circonda le sue fibre. Una ragnatela che tanto ricorda le finiture del marmo.
Maggiore è la percentuale di grasso, più fitta è la ragnatela, più buono e pregiato è il taglio. Ed anche più sano. Sì, perché si tratta di una materia bianca ricca di amminoacidi e grassi insaturi favorevoli al benessere dell’organismo e in grado addirittura di ridurre il colesterolo.
Rimane il fatto che le 4 razze più famose in Giappone per l’allenamento di Wagyu sono:
- La razza nera giapponese (黒毛和種Kuroge washu ?) – costituisce il 90% delle razze wagyu nazionali,[4] con diversi allevamenti a Tottori, Tajima, Shimane e Okayama;[5]
- La razza bruna giapponese (赤毛和種Akage Washu o Akaushi?) – detta anche razza rossa,[4] è la seconda per quantità[5] e ha allevamenti a Kōchi e Kumamoto;
- La razza senza corna giapponese (無角和種 Mukaku Washu ?)
- La razza Shorthorn giapponese (日本短角和種 Nihon Tankaku Washu ?) – comprende l’1% delle razze wagyu del Paese[6].
Come potrete facilmente immaginare , le razze sopracitate essendo quelle più esclusive, sono anche quelle più costose. Un bovino Wagyu allevato con le tecniche sopra citate, cresce con una lentezza diversa da qualsiasi altro bovino sul pianeta, pertanto il costo è perfettamente commisurato all’ altissima qualità .
Vista la grande richiesta del mercato anche occidentale, dove il ceto medio scompare sempre più , la Australian Wagyu Association è la più grande associazione fuori Giappone autorizzata all’allevamento di carne Wagyu. Ed è anche quella che genera più capi. Tali allevamenti partono da Black Angus geneticamente selezionati che vengono allevati per gli ultimi 8/10 mesi esclusivamente a mais. Tecnica di allevamento certamente più veloce di quelle usate in Giappone, ma non per questo meno cara, sopratutto in questo pazzo 2022. Ne deriva una carne marezzata che non ha nulla da invidiare a quelle presenti sul territorio nipponico.
Sta di fatto che la domanda di questa carne supera sempre l’offerta e ne arriva in occidente davvero con il contagocce. Per questo se vi sedete a tavola e vi trovate in menù “ il Wagyu “ chiedete il certificato! Prima di pagare il lusso è necessario accertarsi della originalità !